Parte del materiale di questa sezione è tratta dal libro "Un'aquila nel cielo" di Giuseppe Evangelisti, Editoriale Olimpia che ringraziamo.
L'aquila nel cielo è mio padre Mario de Bernardi, sportivo, aviatore, collaudatore, inventore, recordman e uomo sensibile. Queste brevi note non potranno dare che una piccola visione della sua poliedrica e intensa esistenza, ma non è possibile parlare di Fiorenza senza capire chi è stato Mario de Bernardi. |
L'8 aprile 1959 dovevo essere a Roma per assistere alla presentazione, all'Aeroporto dell'Urbe, del velivolo STOL tedesco Dornier Do.27, ma all'ultimo momento altri impegni mi impedirono di partire (è l'autore Giorgio Evangelisti che racconta). Quel mattino il pilota collaudatore della Dornier Werke dimostrò con grande efficacia agli spettatori presenti, autorità civili, politiche e militari, le notevoli doti del Do.27. Se la giornata si fossa conclusa così, si sarebbe trattato di una buona dimostrazione di un velivolo che decollava e atterrava in breve spazio, ma poi tutto sarebbe stato dimenticavo nella dolce apatia dell'ormai incombente primavera romana. Ma non fu così ed accadde qualcosa che rese quella giornata tragicamente o tristemente indimenticabile per tutto il mondo aeronautico. Mario de Bernardi, un anziano signore stempiato e con ormai pochi capelli bianchi sul capo, volle esibire in volo un suo piccolo monoposto che aveva emblematicamnte chiamato "Aeroscooter" |
L'Aeroscooter biposto I-FJOR in mostra a Venezia (1958) |
Mario de Bernardi sale sul biposto I-SELI |
Volle alzarsi in volo, forse per ricordare alle autorità civili e militari che egli era ancora in attesa di un aiuto per avviare la produzione in serie di questa sua motocicletta dell'aria che veniva richiesta da molti paesi esteri e in particolare dall'Australia, dove i grandi spazi aperti le avrebbero consentito di sostituire proficuamente il cavallo. De Bernardi, da solo, non era materialmente in grado di soddisfare le richieste e i tanti ordini che aveva ricevuto e che continuavano ad arrivare, ma neppure di avviarne la produzione. Sul suo aeroplano Mario de Bernardi disse al collega Dario Zanasi: Vede, il mio Aeroscooter, come dice il suo nome, è una specie di motoretta del cielo, niente di più. Un commesso viaggiatore, se i luoghi d'atterraggio fossero più numerosi, lo potrebbe usare per spostarsi da un paese all'altro della stessa provincia. E' docile come un cane da caccia. Consuma pochissimo. E poi a me piace molto perchè, quando sono in alto, mi par d'essere completamente isolato nel cielo, con le mie abitudini, con i miei crucci, con le mie speranze: proprio come se volassi sulla poltroncina di vimini su cui sono solito prendere il caffè a casa mia dopo il pranzo e la cena. |
Salito sul suo Aeroscooter, fra la curiosità degli spettatori, decollò in uno spazio molto ridotto, si portò in quota ed iniziò a svolgere il suo repertorio acrobatico, come solo un grandissimo pilota sapeva fare. Ma dopo un bellissimo avvio le manovre cominciarono a farsi meno sicure, poi l'aeroplano all'improvviso si impennò e virò di colpo per portarsi sulla pista di atterraggio che fu effettuato correttamente, anche se risultò un po' troppo veloce. Il velivolo si fermò poi con l'elica in moto, non si avvicinò agli hangar e il pilota non fermò il motore e non scese a terra. Il personale dell'aeroporto comprese che doveva essere successo qualcosa e corse verso l'aeroplano. Mario de Bernardi era stato stroncato in volo da un infarto (......) I meccanici accorsi, riuscirono a svellare con un ferro il tettuccio dell'abitacolo e ad estrarre de Bernardi. Portarono poi a braccia il corpo inerte del pilota verso una "campagnola" dei vigili del fuoco ferma a lato della pista. L'automobile partì subito con la sirena accesa, nel tentativo di raggiungere l'ospedale in tempo utile (....) giunse all'ospedale di San Giacomo poco dopo le 10.30. Ma per Mario de Bernardi ormai nessuno più poteva fare qualcosa. Mario de Bernardi morì così a sessantasei anni, in pratica su un campo di volo, come forse lui stesso avrebbe voluto se avesse potuto scegliere. Ma la sua morte era già cominciata in cielo, ai comandi del suo Aeroscooter. Era uno degli ultimi cavalieri del cielo, uno degli assi della 91° Squadriglia Caccia, quella di Baracca. A Norfolk aveva vinto la coppa Schneider, era stato il primo a superare il "muro" dei 500 chilometri all'ora, aveva stabilito il record di velocità, trionfato in gare di alta acrobazia, collaudato tanti tipi diversi di velivoli e volato con il primo aeroplano a reazione italiano. Seppe distinguersi anche davanti alla morte. |
8 aprile 1959, Aeroporto dell'Urbe. Questa è l'ultima foto di Mario de Bernardi (con l'impermeabile). Pochi minuti dopo si alzerà in volo per l'ultima volta . |
Oltre che un pioniere come aviatore, Mario de Bernardi è stato un vero innovatore nel mondo dell'aviazione. La sua sensibilità ai comandi dei velivoli in collaudo era tale da poter avere la capacità di suggerire direttamente ai progettisti le migliorie da apportare. Non solo, ma esso stesso ideò, costruì e collaudò numerosi dispositivi, apparecchiature complesse e interi velivoli, spesso di concezione talmente avanzata da risultare attuali anche ai giorni nostri. Per esempio, già nel 1920, mentre era di stanza a Zaule, vicino Trieste, ideò e fece costruire l'Idroautoplano, una macchina che poteva muoversi per terra, in acqua e nel cielo, brevettandola regolarmente. Purtroppo il prototitipo di questa macchina andò distrutto la notte prima del collaudo in un incendio doloso. Nel 1923, quando era comandante del Campo Sperimentale di Montecelio, vicino a Roma, partecipò ad un concorso per trovare un sistema di appontaggio di aeroplani sul ponte di volo delle navi. Il suo progetto fu scelto fra molti e fu realizzato e sperimentato proprio a Montecelio dove allo scopo si realizzò un finto ponte navale.
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Nel 1931 collaudò un dispositivo da lui progettarto su un Caproni Ca.97. Si trattava di un nuovo sistema di guida costituito dalla eliminazione della pedaliera e dalla riunione del comando di altezza con quello di direzione sul volantino di guida. L'aereo così modificato fu una delle attrazioni del salone Internazionale dell'Aeronautica di Parigi nel 1932. Ma proprio in questa occasione, nella notte fra il 25 e il 26 novembre una bomba esplose dentro il Caproni Ca.97. Non si seppe mai il perchè. Nel 1933, insieme all'amico Leandro Cerini, brevettò un "correttore di rotta" che automaticamente correggeva la direzione di un aeroplano ad ogni più piccola deviazione. In seguito unendo a questo dispositivo uno stabilizzatore pneumatico messo a punto dallo stesso Cerini, i due realizzarono un vero e proprio "pilota automatico" capace di conservare quota, velocità e direzione. Ma l'opera più grande e sfortunata di de Bernardi rimane sicuramente l'Aeroscooter progettato e costruito nei primi anni cinquanta. Credeva moltissimo nell'aviazione alla portata di tutti e, visto che il mercato internazionale non offriva un velivolo adatto a questo scopo, decise di idearlo egli stesso. Costituì anche una società apposita (M.d.B.) per portare avanti questo progetto. |
Oggi, con le sue caratteristiche tecniche originali, l'Aeroscooter sarebbe un velivolo ultraleggero, categoria che enormemente ha diffuso la cultura del volo facendola uscire dal limbo di sport per pochi privilegiati. Ma negli anni cinquanta l'idea era così pionieristica e in anticipo sui tempi che egli non trovò alcuno disposto a credere nel progetto e finanziarne la produzione in serie. Gli unici esemplari, un monoposto (I-REDI) e due biposti affiancati (I-SELI e I-FJOR quest'ultimo perso in un incidente anni dopo la morte di de Bernardi), furono prodotti, il primo da Partenavia dei fratelli Pascale come P53, gli altri direttamente nelle officine dell'Aeroporto dell'Urbe grazie a collaboratori che lavoravano nel tempo libero e all'opera dello stesso de Bernardi che vi prodigò moltissimi sacrifici personali e finanziari. Con il senno del poi, una grande occasione è stata persa per l'industria italiana e il prestigio dell'aviazione del nostro paese. Oggi il monoposto è conservato nel Museo dell'Aeronautica di Vigna di Valle, sul lago di Bracciano, mentre il biposto I-SELI si trova in mostra al Museo Caproni di Trento. |